E’ il 18 febbraio 2017, data dell'”abbacchio parziale”: una settimana intensa è trascorsa in fretta, ha inizio il percorso inverso che dalla Cina passerà per Hong Kong e, dopo alcune ore di transito, si concretizzerà in un ulteriore imbarco che mi porterà a bordo del B777-300ER diretto in quel di Malpensa; è una strana sensazione, in cui il dispiacere del rientro si mescola con un minimo sollievo per aver completato la permanenza asiatica in solitaria senza grossi imprevisti.

La giornata inizia con una ricca colazione presso Fraser Suites Chengdu, cui segue il check-out e il tragitto in taxi verso l’aeroporto. Il check-in al desk aeroportuale – la carta mobile da Chengdu non è disponibile – mi fornisce il boarding pass del primo volo, operato verso HKG con A330 di Cathay Dragon.

Passate le aree burocratiche – dogana, controllo di sicurezza e via di seguito – mi accomodo in prossimità del gate 102, in attesa dell’imbarco. E’ presto, e l’area non troppo estesa: anche a voler impiegare dal tempo nello spotting c’è poco da fare, a parte un paio di macchine di Sichuan Airlines non transita nulla di fotografabile. A modificare il quadro ci pensa l’app di Cathay Pacific, che pochi minuti dopo inizia a mostrare un ritardo previsto di una ventina di minuti: “beh, poco male, ho un transito di 8 ore ad Hong Kong, anche se resto mezz’ora in più a Chengdu non succede nulla” è ciò che penso tra me e me.

Quando manca circa un’ora al nuovo orario di imbarco mi ricollego all’app – notoriamente più aggiornata di me – ed oltre al dettaglio delle mie prenotazioni accedo all’area in cui è indicato il posto allocato per la tratta che devo volare: scopro che, a differenza di ciò che viene mostrato sulla carta d’imbarco cartacea in mio possesso (44K, scelto online), lì c’è segnato un posto che corrisponde alla business class (12K); mi avvio quindi verso il gate, già presidiato da due persone, per chiedere delucidazioni: in realtà ho già sentore di cosa può essere successo, ma mi serve la conferma… che puntualmente arriva dopo una verifica sul terminale. Il posto sulla carta d’imbarco viene modificato inizialmente a mano, successivamente però – dopo una breve “caccia al tesoro”, considerando che nel mentre ero andato alla toilette – mi viene fornita una boarding pass completamente nuova

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Si può facilmente immaginare l’ennesima scena di giubilo da parte mia.Una manciata di minuti dopo le ore 13:00 del 18 febbraio 2017 l’A330 di Cathay Dragon (nuova livrea!) atterra e, a seguito della relativa fase di taxi, si posiziona nella piazzola assegnata. Durante lo sbarco dei passeggeri in arrivo e prima dell’imbarco c’è giusto il tempo per un paio di foto

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Segue un volo di circa due ore e mezza verso sud-est, con il consueto trattamento da signore di Cathay Dragon, comprensivo di ricco buffet e generosi contenuti dell’IFE.

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La discesa, passando poco distante dalla verticale di Macao, è lunga e molto lieve… si atterra a metà pomeriggio in una soleggiata e calda Hong Kong in modo molto soft. Ho altresì guadagnato un altro logbook compilato, sono realmente soddisfatto!

Appena terminata la fase di frenata e in attesa di liberare la pista dal primo raccordo disponibile incrociamo, in senso opposto e diretto verso la testata pista, uno degli A350 di Cathay Pacific:

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E’ pressoché terminato il penultimo segmento di volo, e sbarco per ultimo come mi capita quasi sempre perché mi voglio gustare l’atmosfera a bordo; il programma attuale è di fare un giro veloce ai transiti, portarmi il prima possibile tra i gates e perdermi con la fotocamera prima che faccia buio (ad occhio e croce non dovrei avere moltissimo tempo, forse un’oretta). E’ difficile misurare la mia meraviglia quando però mi accorgo che ad attendermi al terminal c’è una gentilissima assistenten di terra con in mano un figlio recante il mio nome, che da quel momento mi prende in custodia e, attraverso un varco dedicato, mi fa saltare tutto il giro dei transiti ma mi conduce – dopo un veloce controllo di sicurezza – alla lounge “The Wing”. All’accettazione comunico l’intenzione di andare prima a fare un giro per il terminal, sfruttando le poche decine di minuti di luce a disposizione, per rendere omaggio a Cathay con quello che mi è consentito fare in quella sede: foto. Mi viene quindi timbrata la carta d’imbarco del volo successivo, e da quel momento ho teoricamente accesso a tutte le lounges di business class del vettore.

L’oretta successiva trascorre in giro per il terminal, alla ricerca dei posti migliori per delle foto; con il sole quasi sull’orizzonte bisogna stare attenti al controluce, ai riflessi delle vetrate, e ad un sacco di altri fattori. Questa serie di complicazioni mi porta per un non professionista porta a scattare praticamente in ogni posizione, e spesso a gettare nel cestino l’immagine appena prodotta. Nel momento in cui il sole cala gli scatti meno inguardabili si possono riassumere in questa selezione:

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Terminata la mezza maratona con zaino e borsa con notebook mi sento fradicio, e la maglietta è abbondantemente strizzabile. Urgesi doccia! Torno alla lounge The Wing e stavolta vi accedo, seguendo l’indicazione per le docce. Vi accedo dopo calorosa accoglienza dell’addetta, e finalmente posso pensare a rinfrescarmi. A metà svestizione però mi sovviene che sarebbe giusto fare due foto anche a questa zona, per cui provvedo alla bell’e meglio con lo smartphone a disposizione in quel mentre (la qualità è tutt’altro che accettabile)

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Terminata la rinfrescata inizio a fare i conti con la cruda realtà: non ho messo nel bagaglio a mano una t-shirt o polo di ricambio; la pandashirt inquadrata in una foto precedente è ancora sul bagnato andante, può andare bene per 10 minuti ma bisogna provvedere: zompo fuori dopo aver risistemato tutto il materiale nello zaino da piccolo Sherpa e scatto due veloci foto della lounge.

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Immediatamente dopo esco dalla stessa e mi dirigo alla ricerca di un negozio che venda qualcosa di indossabile. Manco a dirlo la scelta ricade su una t-shirt in omaggio ad Hong Kong, che rappresenta la mia salvezza da quel momento a quando rimetterò piede. Mi sento di nuovo avvicinabile senza piazzare una molletta sul naso.
Per indossare la t-shirt la location più vicina è la lounge “The Pier – Business Class”, per cui la scelta più logica è scendere di un piano e approfittarne: accoglienza con gli onori del caso, ma stavolta cerco di essere un po’ più intelligente: lascio lo zaino nell’armadietto, e mi tengo solo il portatile + la reflex con il 18-55 di base; il lettore di memory card mi accompagna in tasca, insieme allo smartphone, e tant’è.

La notte è scesa da poco e il mio prossimo imbarco sarà verso mezzanotte, c’è tempo in abbondanza per girare la lounge e poi accomodarsi sulla prima poltrona comoda per tirare il fiato, guardare le foto precedentemente scattate e iniziare ad uploadarne qualcuna sui social; mi tengo un paio d’ore proprio per girare l’area (mi concedo solo un mojito) e dare un occhio alle jpeg.

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Quando provo a collegarmi al wifi dedicato, per portare online gli scatti, mi accorgo che il portatile non si connette; non va con il SSID previsto, non va neppure con l’IP, men che meno usando un SSID nascosto che mi forniscono all’ingresso. Per contro lo smartphone si connette che è una meraviglia, ma lì non ho praticamente nulla da postare. Dopo mezz’ora di imprecazioni decido di scompaginare le carte: uscirò dalla lounge, salirò ai gate e da lì mi connetterò al wifi pubblico dell’aeroporto. Così faccio, o almeno tento di fare, perché a ‘sto giro di giostra neppure il wifi aeroportuale funziona sul notebook. Evito di farmi abbattere per una deficienza del mio sistema, e ripiego sull’ultima alternativa possibile in quel frangente: attivo il bluetooth sul cellulare, travaso le foto da notebook a smartphone usando quel tipo di collegamento (si immagini la velocità supersonica da tartaruga incinta), e dopo quel “parto” l’upload è possibile dal telefono cellulare. E’ stata dura ma ho vinto io, e non ho dato l’impressione di aver solo scroccato.

Nel momento in cui finisco la pubblicazione mi rendo conto di essere tranquillo e privilegiato da troppo tempo, ho bisogno di tornare con il popolo; arraffo tutto ciò che è mio e ad un’ora e mezza dall’imbarco mi incammino in autonomia verso il gate (ignorando l’invito iniziale del personale a fare un cenno quando avessi voluto andare), presso cui giungo una discreta manciata minuti dopo (era dalla parte opposta, e le distanze sono enormi!).

Impiego mezz’ora a trovare una posizione simil-comoda sul pavimento, che nel contempo non abbia dei micro-tornado provenienti dai bocchettoni sul soffitto; appena il volo accanto inizia ad imbarcare si liberano dei posti a sedere, e ne approfitto per accomodarmi.

Un’oretta dopo, con un ulteriore upgrade in business class da cui trarre vantaggio, è il momento di salire a bordo del B777-300ER che mi porterà a Milano Malpensa. Quasi inutile rimarcare la generosa e ampia configurazione, la calda accoglienza, il sostanzioso servizio di bordo e l’ormai familiare piacere nell’affrontare il volo: c’è giusto il tempo per la cena e per redigere la prima paginetta del trip report del primo giorno, poi la stanchezza prendere il sopravvento e mi ritrovo persino a dormire alcune ore.

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La sveglia arriva poco dopo le 4, e preannnuncia un ulteriore pasto che sinceramente – dopo aver solo mangiato e dormito – fatico ad ingurgitare: la colazione viene completata a metà.

Dopo circa un’ora il Triple7 atterra in un’annebbiata Malpensa, ponendo fine a questo emozionante viaggio nelle terre d’Oriente. Il plus fornitomi da Cathay Pacific è stato fondamentale, e di nuovo desidero ringraziare tutte le persone che si sono prodigate affinché questa esperienza diventasse un vero e proprio sogno divenuto realtà.

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2017-03-17