Non ho il tempo necessario adesso, però qualcosa ho già scritto in passato, preso dall'impeto creativo
Per chi ha la pazienza di leggere..... questo è il
Link, con annesse foto. Per chi non avesse voglia di passare ad un sito diverso, riporto il testo. Scusate se è un po' prolisso....
Credo di avere sempre avuto una passione particolare per gli oggetti d'epoca: vecchi libri, stampe, mobili, ma anche oggetti meno usuali come macchine da scrivere e da cucire, occhiali, giocattoli di latta. Probabilmente il motivo è molto semplice, ed è dovuto ad una passione analoga di mia madre. Ma anche mio padre mi ha trasmesso qualcosa, la passione per gli aerei. In realtà in lui non è così forte, ma fin da piccolo, quando abitavamo a Udine, mi portava nel vicino aeroporto di Campoformido, la domenica mattina. Qui, dall'ampio terrazzo sul tetto del locale Aeroclub, assistevo ai decolli e gli atterraggi degli aerei ed ai lanci dei paracadutisti. Bisogna ricordare anche che, per chi abita a Udine, le Frecce Tricolori, la nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale, rappresentano un appuntamento imperdibile; quasi come il Palio per i senesi o un derby calcistico per i milanesi.
Così a diciotto anni, al posto della moto che anch'io, come i miei coetanei, desideravo ardentemente, mio padre ha preferito farmi un regalo completamente diverso ed inusuale: la frequenza al corso di volo a vela. Ha sempre affermato che in fondo riteneva molto più sicuro vedermi decollare dalla pista in erba che affianca la pista principale dell'aeroporto di Padova, che vedermi salire su una moto ed infilarmi nel caotico traffico cittadino. E devo dire che aveva ed ha tuttora ragione. Quando guidi un veicolo, e ancor di più un mezzo a due ruote, non puoi permetterti un attimo di distrazione. Tutto intorno a te si muovono centinaia di altre persone, molte delle quali probabilmente non sufficientemente preparate per affrontare in sicurezza una responsabilità così grande come quella di salire su un veicolo che può diventare in qualunque momento un pericoloso mezzo di offesa. In aereo è diverso. Attorno a te può esserci il vuoto per chilometri. Guardare fuori per individuare altri velivoli, ascoltare le comunicazioni radio, essere sempre qualche minuto avanti al tuo aereo con la testa, e ti resta comunque il tempo di gustarti il panorama e la sensazione di soddisfazione che ogni pilota prova quando si siede al posto di pilotaggio o, meglio, quando inizia a pianificare un volo.
Durante il periodo di frequenza delle lezioni teoriche facevo anche, con mio padre, l'esperienza di guida, proprio sulla strada per l'Aeroclub. Ed è probabilmente qui che si è rafforzata la mia passione per gli oggetti d'epoca anche più grandi di un libro o di un giocattolo di latta, guidando la vecchia Fiat 500 di mia madre. Rimpiango molto quell'auto, con il suo particolare stile di guida, senza servosterzo, senza la sincronizzazione del cambio e la conseguente necessità di fare la "doppietta" per scalare le marce senza "grattare", e con il suo tetto apribile di stoffa, una splendida cabrio per un ragazzo di diciotto anni.
L'aliante, invece, con la sua vetroresina bianca e lucida, la sua silohuette elegante ed aerodinamica, esprimeva una modernità affascinante, ma forse un po' senz'anima. Certo, stavo volando, e che volo! Nel silenzio, con il solo fruscio dell'aria e le rondini sopra il cielo di Padova a farmi compagnia.
Finché un giorno, acquistata un po' più di confidenza con il volo da solista nel biposto ed in seguito nel monoposto, da un angolo un po' buio dell'hangar è apparso un vecchio M100, un aliante in legno e tela degli anni '60. Non così elegante come un aliante moderno, con la sua posizione di guida seduta e non distesa, la sua cloche grande e tozza, il piano di coda con il timone basso (che strano, per chi è abituato ai moderni alianti con l'impennaggio a "T"). E' il momento di provarlo. Mi dicono che è una ottima esperienza di volo, soprattutto per il pilotaggio, molto più sensibile rispetto al Twin Astir o all'Astir monoposto con i quali ho volato fino a quel momento. Ed infatti è vero. Ma quello che si dimenticano di dirmi, o che forse non possono dirmi, non possono saperlo, è che avrei provato la stessa soddisfazione che provavo ogni volta che accendevo il motore della 500 e partivo per la destinazione anche più insignificante. Non importava dove andare, l'importante era andare.
Passano gli anni. Arricchisco un po' le mie esperienze di volo in aliante e faccio la conoscenza del Libelle, ancora una volta un aliante non certo dell'ultima generazione, ma che mi da grandi soddisfazioni, pur nei miei enormi limiti di volovelista. Il primo volo che dura veramente a lungo, quasi sei ore, le prime piccole distanze, le dinamiche sui costoni del Gran Sasso e, sopra i cieli dell'Aquila, nello splendido meteo abruzzese, perfino un volo in onda, a quasi 4.000 metri con atterraggio alle 20:00, alla fine di una giornata che sembrava quasi persa. Nel frattempo il nostro M100 arriva alla revisione delle 1000 ore, ma si decide per il momento di fermarlo, quasi di venderlo (!), in fondo vola poco e si preferisce investire in altri progetti. E' ancora lì, in hangar, smontato da anni, con la meravigliosa trama delle sue ali in legno, disegnata dalle centine, messa a nudo in attesa di una nuova tela, che spero ardentemente possa, in un giorno non lontano, ricoprirle nuovamente per permettergli di solcare i cieli di Padova e, in onore del suo valore passato, anche le piste in erba di qualche raduno storico.
La conquistata indipendenza economica mi apre nuove, se pur limitate, possibilità. E penso di completare la mia esperienza di pilota con il brevetto di volo a motore. Non sono particolarmente spaventato dalla pratica, ma dalla teoria. Grazie agli istruttori di teoria, e anche agli altri allievi e alle serate passate insieme in Aeroclub a prepararci agli esami, non ci sono particolari problemi. Il brevetto è conquistato. Ma devo dire che questa, pur importante, è in realtà solo parte della meta che mi ero proposto di realizzare. Volare con il Cessnino (il 150) è pur sempre volare, il 172 si dimostra piacevole, ben strumentato, abbastanza veloce e con quattro posti, ma il mio desiderio ancora una volta è quello di tuffarmi nel passato. E anche per il volo a motore, come prima per il volo a vela con il Gruppo Volovelistico Patavino, l'Aeroclub mi offre una splendida possibilità: il mitico Piper PA-18.
Dimenticate quello che avete imparato sui "moderni" aerei con carrello triciclo. Quelli atterrano da soli... Il PA-18 va pilotato dalla messa in moto, anzi, anche da prima con qualche giro di elica con il motore freddo per lubrificare i pistoni, fino al momento in cui, al parcheggio, stacchi i magneti (e già, non c'è il cut-off) e freni le ruote. I comandi sono nei posti più impensabili: il trim è una manovella in basso a sinistra, che raggiungo con un po' di difficoltà urtando il ginocchio di chi occupa il sedile posteriore, così come l'aria calda al carburatore, lì vicino. Gli indicatori dei serbatoi sono sulle ali, uno elettrico, l'altro un semplice tubo trasparente con un galleggiante che ti mostra, nel vero senso del termine, il livello del carburante. I freni di parcheggio si azionano tirando due anelli posti dietro e sotto al sedile anteriore. L'unico strumento di navigazione è una bussola. Però c'è la cloche, come in aliante, la manetta è comodissima, sotto il finestrino di sinistra, la visibilità anteriore, per un aereo a motore, è eccezionale nonostante i piccoli montanti davanti al vetro. Così come quella laterale, grazie alle ali alte sopra la fusoliera. In volo non devi pilotarlo, ma pensare di farlo, e lui asseconda i tuoi pensieri. La cloche morbida, la pedaliera efficiente che ti aiuta nelle scivolate d'ala quando vuoi perdere quota velocemente (dimenticavo, nella nostra versione mancano anche i flap...), il decollo e l'atterraggio corti, quest'ultimo particolarmente impegnativo specialmente sulle superfici non erbose, per cui invece è nato e sulle quali ti dimostra che preferisce passare il breve e traumatico momento che lo trasforma da elegante aereo in traballante veicolo a due ruote con un piccolo ruotino in coda; quasi come una bicicletta per bambini, con le rotelle posteriori, anche se qui i bambini sono un po' cresciuti, almeno per fuori.
E ancora una volta, la sensazione di guidare la vecchia 500 di mia madre.