Una persona ormai di famiglia (è stata badante di mia nonna prima, di mia madre poi, ma il termine badante è sicuramente troppo riduttivo per definirla), dopo aver vinto una battaglia, sta perdendo la seconda contro una malattia per la quale, a questo punto, non c'è più possibilità di cura.
Attualmente vive con i miei assieme alla figlia (in Italia da quando si è ammalata la prima volta) e si stava pensando di consigliarle, tra poco, e sperando di fare in tempo, di tornare dalla sua famiglia, in Ucraina, almeno per vivere con loro gli ultimi giorni.
Sicuramente lei, al momento, preferisce stare qui perché l'assistenza di cui potrebbe disporre al suo paese (paese inteso anche come "piccolo centro abitato rurale") sicuramente non è all'altezza di quella che ha qui da noi (e che si è pagata con 15 anni di contributi versati... lo dico prima che qualcuno possa farle i conti in tasca... non si sa mai); attualmente riceve a domicilio l'assistenza di un hospice che lavora sia in struttura che domiciliarmente.
Forse non ha ancora espresso l'intenzione di tornare perché spera, magari inconsciamente, di uscirne pure stavolta (almeno questa è l'impressione che mi ha dato stamane al telefono).
Ora veniamo al dunque: lei di solito, per tornare a casa per le ferie ha sempre preferiti viaggiare con i furgoncini che fanno la spola settimanalmente portando via bagagli ed effetti che vengono spediti avanti e indietro; oggi non reggerebbe i due/tre giorni di viaggio ininterrotto in quelle condizioni.
Di qui l'idea di usare l'aereo, ma... il dubbio che mi è venuto, è: le compagnie aeree pongono limiti di salute ad un malato che viaggia?
Inutile pensare di non dichiarare prima le sue condizioni: a parte la disonestà che non è nostra, ne' sua, la esporrebbe alla potenziale umiliazione di essere rifiutata all'imbarco per qualcosa che sarebbe potuto andare, se la compagnia fosse stata avvisata prima.
Inoltre vive con un sondino per la nutrizione (perché lo stomaco, malato, non è più in grado di fare il suo lavoro), il drenaggio dei liquidi dall'addome, flebo di nutrimento e medicinali: insomma, si vede da lontano in che condizioni si trova.
Non credo che dal punto di vista "meccanico" la minor pressione in cabina possa creare problemi a flebo, e tubicini vari (forse la flebo e la nutrizione potrebbero essere staccati per le due/tre ore del viaggio da FCO a Kiev, quasi sicuramente non il drenaggio).
La compagnia può rifiutare l'imbarco? Oppure qualche compagnia lo consente, altre no? Per ovvie ragioni, pensavo di limitarci alle compagnie che fanno il viaggio diretto, senza cambi di AM.
Le eventuali compagnie che accettano malati terminali, quali certificazioni richiedono prima del viaggio? E rilasciate da chi? (medico di famiglia, ufficiale sanitario, ASL, ospedale, etc)
Quali limitazioni sul tipo e quantità di farmaci da portare in bagaglio a mano o in stiva? (Non fa più chemio, ma i palliativi e gli antidolorifici rientrano quasi tutti in categorie particolari, magari con problemi di importazione/esportazione).
E... purtroppo, eventualità da tenere in considerazione

L'ipotesi peggiore sarebbe uno scalo tecnico per sbarcarla a metà strada, cosa che vorremmo in tutti i modi evitare.
Grazie a chiunque, avuta la pazienza di leggere questo post lunghissimo, avesse risposte da darci.