Posto qui un interessante articolo apparso di recente sul web
http://www.aerohabitat.eu/news/dettagli ... nee-aeree/
Buona lettura
"Resilienza", questa sconosciuta
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- sardinian aviator
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Re: "Resilienza", questa sconosciuta
Ringrazio sardinian per l'articolo molto intressante, che vale senza dubbio una discussione che spero sia costruttiva.
La resilienza è appunto la capacità di una persona di reagire agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzarsi in maniera tale da mantenere alta la sua efficienza (profesionale-lavorativa nel caso in questione). Definizione mutuata appunto dal settore tecnologico-metallurgico.
La questione sollevata dall'articolo è nel merito senza dubbio condivisibile, però forse, a mio parere, un pò enfatizzata per certi aspetti.
Fuori discussione che per un Pilota essere resilienti è una dote fondamentale, che gli permette di reagire ad una situazione di stress con competenza, razionalità, la necessaria freddezza, mantenendo alto il suo standard prestazionale. Ma la resilienza è una dote che uno ha, in un certo senso innata, chi più chi meno, come elemento caratteriale proprio, oppure è una dote" allenabile" e quindi si può lavorare per incrementarla? Questa è una domanda che mi sono sempre posto anche in passato, e anche ora leggendo l'articolo. Io credo che una base resiliente o meno fa parte del nostro carattere, come parte del nostro io, e di base c'è già chi è più o meno resiliente. Poi però anche l'adestramento fa la sua parte, e l'articolo pone l'attenzione in particolare (come anche giusto che sia) su questo aspetto: un addestramento ottimale in un certo senso amplia la propria resilienza perchè permette reazioni giuste ed ottimali alla situazione che si è verificata. E' vero che nei due casi citati nell'articolo (AF447 e Colgan Air) si sono verificate delle azioni in risposta alla situazione senza dubbio non corrette (in entrambi i casi si era in presenza di uno stallo), che hanno poi (insieme a tutti gli altri fattori) portato ai disastri. Ed è auspicabile che gli iter addestrativi pongano maggiormente l'attenzione su queste manovre, in maniera tale che quando le si ha davanti si è addestrati a superarle correttamente. Concordo anche sul fatto che i moderni cockpit automatizzati, pur con enormi vantaggi, abbiano anche portato problematiche nuove e prima sconosciute, che non sempre sono state affrontate con la dovuta attenzione nei programmi addestrativi. Come sono d'accordo su alcune problematiche (però non solo relative alle low-cost) che hanno un pò degradato alcuni aspetti relativi agli equipaggi di condotta, come composizione, orari di lavoro, ecc... Non sono invece molto d'accordo sul discorso militari: è vero che arrivavano in linea persone con uno spessore formativo altissimo, abituate al rigore e alla disciplina, però è anche innegabile che queste persone mancavano a volte di un adeguato addestramento alle operazioni di linea, a causa della natura completamente diversa di alcune specialità di volo militare da cui venivano, con limiti in particolare nel CRM, che andavano colmati.
In generale comunque, l'HF insegna che la risposta agli eventi stressanti è molto influenzata dal carico di lavoro, che è uno dei maggiori responsabili della diminuzione del livello prestazione e del livello di vigilanza. Infatti la curva del livello di prestazione in funzione dello stress applicato dice che che ad un aumento dello stress, nello specifico il carico di lavoro, l'atenzione tende ad aumentare fino ad un livello di attenzione selettiva, che è quella ideale per il volo (perchè al di sotto non si avrebbe adeguata capacità di elaborazione e risposta). Se lo stimolo stressorio sale, aumentando il carico di lavoro, arriviamo all'ipervigilanza, estremamente dipendiosa ed anche pericolosa perchè può portare alla canalizzazione dell'attenzione con conseguente tendenza ad ignorare informazio0ni fondamentali. Fino ad arrivare al caso limite di uno stimolo stressorio fortissimo che in casi limite può portare alla paralisi comportamentale e alla completa perdita della situational awareness.
Concludendo, l'addestramento può fare molto e purtroppo a volte siamo in presenza di lacune in tal senso, oltre alla gestione del lavoro da parte delle compagnie che non sempre è adeguata. Però rimane sempre, a mio parere, una capacità di risposta allo stress e di resilineza che è personale è di base insita in ognuno di noi
Quello che manca a volte, e qui sono d'accordissimo con l'articolo, è una airmanship adeguata: airmanship a 360°, non solo resilienza, che deriva da molti fattori che sono dati dall'addestramento, dall'esperienza, dalla motivazione, ecc...
Cultura e formazione di un'adeguata Airmanship che a volte viene trascurata negli iter addestrativi attuali, influenzati da limiti economici e temporali.
Sorry per la lunghezza, ho voluto scrivere le mie riflessioni sull'articolo e suscitare ulteriori spunti di riflessione.
Paolo
La resilienza è appunto la capacità di una persona di reagire agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzarsi in maniera tale da mantenere alta la sua efficienza (profesionale-lavorativa nel caso in questione). Definizione mutuata appunto dal settore tecnologico-metallurgico.
La questione sollevata dall'articolo è nel merito senza dubbio condivisibile, però forse, a mio parere, un pò enfatizzata per certi aspetti.
Fuori discussione che per un Pilota essere resilienti è una dote fondamentale, che gli permette di reagire ad una situazione di stress con competenza, razionalità, la necessaria freddezza, mantenendo alto il suo standard prestazionale. Ma la resilienza è una dote che uno ha, in un certo senso innata, chi più chi meno, come elemento caratteriale proprio, oppure è una dote" allenabile" e quindi si può lavorare per incrementarla? Questa è una domanda che mi sono sempre posto anche in passato, e anche ora leggendo l'articolo. Io credo che una base resiliente o meno fa parte del nostro carattere, come parte del nostro io, e di base c'è già chi è più o meno resiliente. Poi però anche l'adestramento fa la sua parte, e l'articolo pone l'attenzione in particolare (come anche giusto che sia) su questo aspetto: un addestramento ottimale in un certo senso amplia la propria resilienza perchè permette reazioni giuste ed ottimali alla situazione che si è verificata. E' vero che nei due casi citati nell'articolo (AF447 e Colgan Air) si sono verificate delle azioni in risposta alla situazione senza dubbio non corrette (in entrambi i casi si era in presenza di uno stallo), che hanno poi (insieme a tutti gli altri fattori) portato ai disastri. Ed è auspicabile che gli iter addestrativi pongano maggiormente l'attenzione su queste manovre, in maniera tale che quando le si ha davanti si è addestrati a superarle correttamente. Concordo anche sul fatto che i moderni cockpit automatizzati, pur con enormi vantaggi, abbiano anche portato problematiche nuove e prima sconosciute, che non sempre sono state affrontate con la dovuta attenzione nei programmi addestrativi. Come sono d'accordo su alcune problematiche (però non solo relative alle low-cost) che hanno un pò degradato alcuni aspetti relativi agli equipaggi di condotta, come composizione, orari di lavoro, ecc... Non sono invece molto d'accordo sul discorso militari: è vero che arrivavano in linea persone con uno spessore formativo altissimo, abituate al rigore e alla disciplina, però è anche innegabile che queste persone mancavano a volte di un adeguato addestramento alle operazioni di linea, a causa della natura completamente diversa di alcune specialità di volo militare da cui venivano, con limiti in particolare nel CRM, che andavano colmati.
In generale comunque, l'HF insegna che la risposta agli eventi stressanti è molto influenzata dal carico di lavoro, che è uno dei maggiori responsabili della diminuzione del livello prestazione e del livello di vigilanza. Infatti la curva del livello di prestazione in funzione dello stress applicato dice che che ad un aumento dello stress, nello specifico il carico di lavoro, l'atenzione tende ad aumentare fino ad un livello di attenzione selettiva, che è quella ideale per il volo (perchè al di sotto non si avrebbe adeguata capacità di elaborazione e risposta). Se lo stimolo stressorio sale, aumentando il carico di lavoro, arriviamo all'ipervigilanza, estremamente dipendiosa ed anche pericolosa perchè può portare alla canalizzazione dell'attenzione con conseguente tendenza ad ignorare informazio0ni fondamentali. Fino ad arrivare al caso limite di uno stimolo stressorio fortissimo che in casi limite può portare alla paralisi comportamentale e alla completa perdita della situational awareness.
Concludendo, l'addestramento può fare molto e purtroppo a volte siamo in presenza di lacune in tal senso, oltre alla gestione del lavoro da parte delle compagnie che non sempre è adeguata. Però rimane sempre, a mio parere, una capacità di risposta allo stress e di resilineza che è personale è di base insita in ognuno di noi
Quello che manca a volte, e qui sono d'accordissimo con l'articolo, è una airmanship adeguata: airmanship a 360°, non solo resilienza, che deriva da molti fattori che sono dati dall'addestramento, dall'esperienza, dalla motivazione, ecc...
Cultura e formazione di un'adeguata Airmanship che a volte viene trascurata negli iter addestrativi attuali, influenzati da limiti economici e temporali.
Sorry per la lunghezza, ho voluto scrivere le mie riflessioni sull'articolo e suscitare ulteriori spunti di riflessione.
Paolo
"La corsa di decollo è una metamorfosi, ecco una quantità di metallo che si trasforma in aeroplano per mezzo dell'aria. Ogni corsa di decollo è la nascita di un aeroplano" (Staccando l'ombra da terra - D. Del Giudice)


- m.forna
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- Iscritto il: 6 luglio 2010, 1:07
Re: "Resilienza", questa sconosciuta
parlavamo giusto oggi a scuola di "resilienza", grazie per aver condiviso! 

Marco