Il primo giorno, scesi dal Tupolev e sistemati in albergo, andiamo a
Khiva
E' una città che si trova ad una ventina di chilometri da Urgench. Il suo centro storico, di forma rettangolare, è circondato da queste mura di fango:

All'interno, tutto è perfetto e pulito. Di primo acchito, sembra un gigantesco set hollywoodiano; ma ci renderemo presto conto che non è così: l'insieme è sì perfetto e apparentemente asettico, ma dentro ci sta gente e ci vive.
La pulizia che abbiamo trovato dappertutto nei luoghi pubblici in Uzbekistan ci ha davvero colpiti, roba da vergognarsi a spegnere una sigaretta in strada lasciando per terra il mozzicone: immaginate una specie di Svizzera come si vede nei paesini remoti, però nel bel mezzo dell'Asia centrale.
Khiva è classificata come patrimonio mondiale dall'Unesco: significa che questo luogo è considerato come "valore eccezionale ed universale, che merita protezione per il bene di tutta l'umanità".

All'ingresso della porta occidentale (Ota-Darvoza, Porta del padre) ci accoglie il minareto Kalta Minor, relativamente recente (XIX secolo) e soprattutto mozzo: doveva essere alto 70 metri, ma non è stato finito ed è rimasto a metà:


Accanto al minareto c'è una madrasa coeva. E' importante tenere presente che le madrase per secoli non sono state solo scuole coraniche come le conosciamo oggi, ma semplicemente scuole dove si dava un'istruzione, compresa quella religiosa. Però solo ai maschi. Vedremo poi a Bukhara una madrasa femminile: ma rimane il fatto che la separazione fra i sessi è ancora forte in questa cultura e in questa società, pur tuttora tollerante sotto tanti aspetti (ad esempio, non ci sarebbero - a quel che ci è stato riferito - contrasti fra musulmani sunniti e sciiti, che abitano negli stessi quartieri e dividono perfino gli stessi cimiteri).
Però in moschea ancora oggi ci vanno solo i maschi, le donne pregano in casa; e d'altra parte abbiamo visto in strada parecchie belle ragazze in minigonna, anche se la maggior parte delle donne indossa (istinto pratico femminile!

A proposito di caldo: a Khiva il sole picchiava davvero, c'erano 47 gradi! Però era secco, siamo sopravvissuti bevendo un bel po' d'acqua.
Nel nostro giro scopriamo presto quella che per me è una novità, ma invece la troveremo costante durante il viaggio: la moschea d'estate e quella d'inverno.
Estate e inverno, da queste parti, sono estremi: molto caldo o molto freddo. Per la preghiera (che non è solo fede personale, ma diventa fatto sociale) ci si adegua e ci si organizza tenendo conto del clima.
Ecco la moschea estiva dei sovrani di Khiva, nella Kukhna Ark (fortezza):

Questo è il soffitto della sala

e qui si vedono il mihrab e il minbar, rispettivamente l'orientamento in direzione della Mecca e il podio da cui parla il predicatore:

Questa invece è la sala delle udienze del governatore, che ha una struttura esterna simile a quella della moschea d'estate, con un porticato sorretto da colonne di legno (la lavorazione del legno è una delle specialità di questa città) su base di marmo. Anche in questo caso, si riceveva all'interno d'inverno e nel porticato l'estate, bastava spostare il trono:





Prima di andare a pranzo siamo andati a fare un giro al mercato, ospitato in quello che fu il caravanserraglio della città, cioè il luogo di accoglienza e ristoro per i viaggiatori. Non ho fatto foto (ma poi mi sono rifatta nel grande mercato di Samarcanda, vedrete...), però è stato interessante vedere come funziona il commercio da queste parti. C'era di tutto, dagli alimenti ai mobili, dai pezzi di ricambio agli abiti da sposa

A pranzo siamo andati in una casa uzbeka. A parte quelli degli alberghi (e sempre con l'eccezione di Tashkent, che però è una città di 2.400.000 abitanti), non ci sono praticamente ristoranti nel senso occidentale del termine, e l'unico modo per mangiare fuori è appunto quello di andare in una di queste case che ospitano ristoranti privati.
L'usanza uzbeka prevede che all'inizio si mettano in tavola tutti insieme molti piattini con diverse cose sia salate che dolci: verdure cotte e crude, frutta fresca e secca, dolcetti vari. I piatti che vengono poi portati nel corso del pasto sono una zuppa calda e un secondo, generalmente di carne e accompagnato da riso. Nel caso di Khiva si è trattato di una minestra in brodo di carne con patate e carote gialle e di un piatto tipico della regione: carne con patate e contorno di "pasta" (fatta con farina e acqua) condita con yogurth e aneto, erba saporita e onnipresente nella cucina uzbeka. Buonissimo!



Una zuppa calda con 47° all'ombra????? Paradossale dirlo, ma è stata una mano santa: scaldando il corpo dentro, ha ridotto la differenza di temperatura fra dentro e fuori e di fatto ha reso più sopportabile la calura.
Dopo pranzo, con molta calma visto il caldo, abbiamo proseguito il giro della città.
Per prima cosa siamo andati a visitare un laboratorio di lavorazione del legno: ecco un porta-Corano, un dettaglio di un portone (sono spesso fatti così, anche nelle altre città) e due colonne pronte per un porticato:



Poi siamo andati a visitare il mausoleo di Pahlavon Mohammed, poeta e filosofo del XIII secolo divenuto il santo patrono di Khiva. E' un luogo molto importante e venerato, al punto che nel XIX secolo alla tomba del santo furono affiancate quelle dei governatori della città.
La cupola della sala centrale è incrostata d'oro, e d'oro è ricoperto il pinnacolo che la sormonta:

Questa è la facciata:

Questa è la tomba del santo, decorata con piastrelle fra le più fini ed antiche visibili a Khiva:

e questa è la tomba di uno dei governatori, nella sala centrale. Il foulard è un dono lasciato da un fedele; altri lasciano denaro.

Questo è il minareto della madrasa di Islom-Huja, governatore che all'inizio del XX secolo portò a Khiva il telegrafo e fece costruire un ospedale. Il monumento è relativamente moderno (1910), ma spicca per la sua imponenza, essendo alto 45 metri:

Dal moderno siamo ripassati all'antico e siamo tornati al X secolo. La moschea Juma ha 218 colonne tutte di legno. Fu distrutta varie volte, la prima da Gengis Khan; ma è stata sempre ricostruita riutilizzando le stesse colonne se possibile. Oggi è un museo.



Per concludere la visita a Khiva, siamo andati a visitare il palazzo nuovo del governatore (inizio '900)






e sulla via del ritorno abbiamo salutato Misha, il cammello simbolo della città, tranquillo ad aspettare i turisti per una foto:

La sera, dopo cena, abbiamo fatto due passi fuori dall'albergo ad Urgench, e da lontano abbiamo visto giocare questa "strana coppia": parevano proprio Jack Lemmon e Walter Matthau!

Il micino - massimo due mesi, forse meno - mi si è avvicinato immediatamente, giovane e curiosissimo (da bravo micio); gli ho fatto un po' di coccole, mentre il cagnone ha cominciato a guardare da lontano, per poi avvicinarsi con apparente calma.
Ho smesso le coccole al micio e mi sono allontanata di qualche passo, per segnalare al cagnone che non stavo attentando alla sua "paternità"; loro due ci hanno gironzolato intorno tranquilli per qualche istante, per poi tuffarsi nella prossima aiuola a giocare a nascondino... perché il micio era talmente piccolo che spariva pure sotto ad una pianta di prezzemolo!