Impressionante si. Mi dà lo spunto per una riflessione di carattere generale che spero anche l'amico vihai mi perdonerà, e che forse smusserà la distanza che allo stato sembra esserci fra le nostre posizioni.drucks87 ha scritto:gancio 1
gancio 2
notare l'altezza alla quale si inizia la manovra e l'impressionante velocità che si prende in pochissimi istanti!
Ho esaminato due-tre volte questi filmati,e debbo dire che mi ero fatto una immagine mentale della presumibile figura "andata male" al povero Taricone delle due... persino edulcorata rispetto a quel che vedo qui.
Da totale incompetente mi sembra che alla base della figura ci sia il noto principio di trasformare la quota in velocità, oppure la velocità in quota come sa gestire consapevolmente e divinamente un asso dell'aviazione come Bob Hoover (quello che io avrei voluto saper diventare da pilota se fossi stato un pilota), un solo parziale esempio qui http://www.youtube.com/watch?v=9ZBcapxGHjE
A giudicare da quel che vedo, posso immaginare che come nel caso dei profili alari applicati agli aeroplani, anche nel paracadutismo esistano tipi di paracadute che permettono manovre più impegnative (e che richiedono una velocità di traslazione maggiore per essere eseguite con una buona risposta ai comandi del paracadutista) a scapito di una minore stabilità intrinseca del mezzo, così come un aereo da acrobazia non può certo avere un marcato diedro alare che tende a rimetterlo "naturalmente" in assetto stabilmente orizzontale. E come i caccia "puri" da dogfight per poter compiere determinate evoluzioni debbano essere progettati con caratteristiche di "stabilità rilassata" (in senso relativo).
Ma se la manovra che ha tentato, con ogni evidenza a quota troppo bassa, Taricone con la sua ala era del genere che ho visto, bé, le mie amare considerazioni sull'opportunità o meno di andare tanto vicino al proprio limite - o al limite del mezzo - quando si hanno delle responsabilità affettive nei confronti di qualcuno, le ribadisco delle due con più forza.
Quel che vedo fare al paracadutista nei due filmati innegabilmente è ardito e spettacolare. Evabbé, fa parte del gioco come ha giustamente scritto tartan, ma la sensazione che mi ha lasciato la repentina perdita di portanza che segue il primo - ricercato - cambiamento di assetto, è che il margine di manovra sia davvero basso. Ne val la pena? Per chi sta eseguendo questa manovra, con ogni evidenza si; mi chiedo, perché?
+++ Vado a questo punto deliberatamente OT (ma non troppo, forse). +++
Il fine dell'educazione di un figlio, penso sia quello di metterlo nelle migliori condizioni per autodeterminarsi, non certo di farne una riproposizione più o meno riuscita di noi stessi.
Il fine dell'addestramento da parte del "Maestro" nei confronti dell'allievo, presumo debba essere - analogamente anche se su un piano diverso rispetto all'imprinting che ci viene dalla famiglia - quello di saper mettere dei ben visibili paletti che delimitano ciò che può fare da ciò che non deve ancora fare, e anche da ciò che non dovrà fare né ora, né mai. Man mano che l'allievo acquisirà competenza tecnica, "manualità" nel senso più lato (quella che gli anglosassoni chiamano efficacemente "skill", se non erro) il "Maestro" sposterà un po' più in là i paletti da non superare, con una "progressione cosciente che non ha mai fretta".
In famiglia, i genitori oltre a posizionare i paletti, debbono avere anche la sagacia di posizionare anche dei paletti... da abbattere, dei limiti da superare - posti lì a bella posta - per permettere al figlio di affermare la propria personalità in un certo senso "a dispetto delle regole", o meglio "a dispetto e in conflitto con l'autorità che rappresentato simbolicamente dalla regola" , nella fattispecie il genitore.
E' sotto gli occhi di tutti coloro che hanno almeno una quarantina d'anni (se si è più giovani, difficilmente si ha a disposizione una casistica adeguata fra i figli di amici e cugini, ad esempio) che tipicamente, bambini che sono stati troppo poco contrastati nelle loro volontà di "fare quel che gli viene in mente in quel momento" e che hanno avuto, di solito più da parte della madre se maschi e viceversa, un atteggiamento troppo accondiscendente verso le loro bizze, i loro capricci e i loro mutevoli desideri, si rivelino nella tarda adolescenza facilmente più insicuri, ondivaghi, meno capaci di determinata concentrazione nel perseguire un obiettivo, in una parola più deboli.
Così come quelli che hanno avuto da parte dei genitori un atteggiamento esageratamente rigido e tendente a predeterminarne troppo le scelte e i comportamenti, come era ad esempio il sadico modello educativo vittoriano, spesso sono altrettanto deboli, ma la loro timidezza è mascherata da atteggiamenti facilmente ribelli, iperpolemici, portati al gusto della trasgressione e allo "sballo" appena possono, nel senso più lato. Sono stati schiacciati, e la loro confusa e maldiretta ribellione è un grido che cela una richiesta di aiuto. (Se così poco spazio mi è stato lasciato, forse c'è un motivo... e se avessero ragione? Se fossi un inetto? Debbo dimostrarmi il contrario...)
Come accadeva con la moda, che non so se si sia sopita, nella Spagna appena uscita dal gioco della rigidissima dittatura franchista... di molti giovani di sfidarsi ad imboccare contromano, di notte, l'autostrada, per vedere le altre macchine schivarli all'ultimo momento. Ovviamente qualche volta è andata male. E, inutile dirlo, fra le vittime non c'erano solo i giovani protagonisti, ma anche ignari automobilisti, in due casi famiglie intere sterminate.
E' un problema di paletti. Si fanno danni quando se ne mettono troppo pochi, come quando se ne mettono troppi nella fase in cui ciò lascia una traccia indelebile che condiziona - a meno di faticose e lunghe autoanalisi - il resto dell'esistenza.
Allora cos'è un figlio/allievo che è stato educato/formato bene? Forse, quello al quale sono stati messi il "giusto" numero di paletti, avendo naturalmente anche il cuore di vedergliene abbattere qualcuno - negandone "ormonalmente" la legittimità - prima che noi lo avessimo tolto da lì, cosa fondamentale per insegnargli ad affermare la propria individualità, che si determina e distingue dalle altre spesso proprio in contrasto con l'ambiente.
La personalità si afferma anche per negazione: una fase fondamentale dell'adolescenza consiste anche nell' "uccidere simbolicamente i propri genitori" negandone l'autorità e l'autorevolezza, salvo poi recuperare la stima delle loro opinioni quando il percorso esistenziale compiuto avrà diminuito la distanza fra la nostra e la loro esperienza.
La ricerca quasi inconsapevole del brivido che si prova all'approssimarsi del limite nella pratica sportiva, potrebbe essere una manifestazione per certi versi simbolica di una irrisolta fase di autoaffermazione tramite conflitto (conflitto con le regole, con le opinioni altrui, coi propri limiti, coi "paletti").
Se andate su youtube, è stracolmo di filmati postati da adolescenti e "rimbambini" (non è un refuso, volevo scrivere proprio questo) che postano azioni di varia natura ma che hanno in comune la caratteristica di essere
1) vietate
2) pericolose
3) quando possibile, tutte e due le cose.
Ora, ogni paletto tolto dal genitore/dal "Maestro" o da noi abbattuto nel corso del nostro cammino di crescita, anche inteso come livello di addestramento raggiunto nella pratica di uno sport/disciplina con aspetti tecnici e fisici non scevri dalla possibilità di farsi male, comporta l'assunzione in proprio di un certo livello di rischio.
Che se tutto va bene, è sempre - per quanto possibile - calcolato e adeguato alle nostre capacità o alle possibilità del mezzo. Quando la capacità di valutare il livello di rischio cui ci si sta sottoponendo diventa meno lucida della consapevolezza che abbiamo dei nostri limiti, ci sono le condizioni di partenza che possono - possono, se siamo fortunati non accade ugualmente - essere alla base della complessa catena di eventi che porta a un incidente.
Forse, si diventa compiutamente adulti... quando nella vita siamo noi stessi a saper posizionare con equilibrio e senso del limite i nostri paletti.
Un eccessiva propensione a cercare disperatamente la scarica di adrenalina, anche quando l'assunzione di rischio che ne deriva è sproporzionata al risutato, potrebbe - potrebbe, non ho la pretesa di affermare apoditticamente che proprio ciò sia - essere sintomo di un lato pericolosamente immaturo del carattere.
Sono degli aspetti che, senza naturalmente portendere di fare "la psicologia di Annabella in 12 lezioni", penso che sempre di più gli "istruttori" e i "Maestri" di qualunque disciplina o attività dai contenuti tecnici dovrebbero tenere in debito conto.
Sia essa il paracadutismo sportivo, l'immersione subacquea non ricreativa, il free climbing, la speleologia ecc
Chissà che "padri" e che "Maestri" ha avuto, nella vita, il povero Taricone. Magari han fatto del proprio meglio.
Non mi è dato saperlo, perciò il mio ragionamento non vuole implicitamente esprimere alcun giudizio in merito.